La società frenetica in cui oggi viviamo ci costringe a gestire in modo flessibile e simultaneo più attività sia nell’ambito professionale che in quello privato.
La capacità di organizzarsi in tale complessità, anche e soprattutto per merito delle nuove tecnologie informatiche, viene apprezzata e considerata un grande vantaggio perché si ritiene che consenta alle persone di orientarsi in una realtà accelerata ed altamente competitiva, ma compiere più azioni contemporaneamente non comporta un aumento dello stress e il rischio di approcciarsi in modo superficiale agli argomenti che si devono affrontare?
Inoltre, ci si domanda, come incide il multitasking sull’apprendimento di nozioni e sullo studio?
Il multitasking (termine acquisito dal mondo anglosassone) richiede lo svolgere di più compiti contemporaneamente e, quindi, secondo un recente ed autorevole studio dei ricercatori dell’Università della California pubblicato sulla rivista “Psychological Science”, molte delle informazioni che giungono al cervello vengono perse perché la capacità di memorizzazione non è illimitata e la mente è costretta, quindi, ad operare una selezione dei dati.
Tuttavia, a fronte della quota delle informazioni perse, i ricercatori che hanno comparato due gruppi campione di soggetti sottoponendoli a diversi livelli di stress di apprendimento, hanno dimostrato sorprendentemente che i partecipanti, pur non ricordando molte delle informazioni apprese, hanno inconsapevolmente selezionato e trattenuto le nozioni più importanti e significative. Ciò però non è sufficientemente confortante: la concentrazione selettiva non è d’aiuto quando si sta svolgendo un’attività complessa o si stanno apprendendo delle nozioni. Il cervello, infatti, ha difficoltà a svolgere più attività contemporaneamente e ciò causa lentezza, errori e totale/parziale dimenticanza dei concetti appresi.
Già nel 2015 il neuroscenziato Daniel J Levitin, nel suo volume “The Organized Mind: Thinking Straight in the Age of Information Overload” (New York Time bestseller) aveva supposto come il multitasking abbassi il Q.I. (quoziente intellettivo) notevolmente e precisamente si registrerebbe un calo di circa dieci punti.
Quindi, è possibile affermare che il multitasking sia realmente possibile solo se le attività che si stanno svolgendo in contemporanea siano “semplici”, quali parlare al telefono e cucinare la cena.
Il problema è che ad oggi, avvertono gli studiosi dell’Università della California, non si conosce quale sia il limite di azioni da non superare per non rendere inefficace tutto lo sforzo profuso per ottimizzare i tempi ed ottenere un sovrappiù di efficienza.
Date tali considerazioni, allo stato la scienza propende per ritenere che il multitasking abbia un costo cognitivo piuttosto elevato e, quindi, quando si è alle prese con attività delicate o con lo studio, è opportuno non creare troppe sovrapposizioni ma favorire la profondità del pensiero, l’ordine e la cura.
In sintesi, se si vuole ottenere il massimo del risultato, è necessario spegnere cellulare, Facebook, applicazione per le mail e tutti i possibili distrattori per concertarsi solamente (ma molto più profondamente) sulla pagina di libro o sulla singola attività che si sta compiendo.