La problematica del rischio stress in ambito lavorativo è stato più volte affrontato dagli organismi della Comunità Europea e nel 2004 è stato firmato dai 27 Paesi aderenti, un Accordo quadro che definisce tale evento morboso come “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro”[1].
Questo particolare tipo di stress può interessare ogni situazione lavorativa sia pubblica che privata, ed è strettamente connesso con l’organizzazione delle attività e all’ambiente di lavoro.
L’Italia ha legiferato tardivamente, con il recepimento delle Raccomandazioni europee con il decreto legislativo 81/2008, col quale è stato introdotto l’obbligo per il datore di lavoro di valutare e gestire tale rischio al pari degli altri pericoli per il lavoratore (si vedano le norme sulla sicurezza).
Nel 2010 sono state individuate e definite le indicazioni minime necessarie a tutelare i lavoratori dal rischio di stress lavoro-correlato da parte della Commissione Consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro, e l’anno successivo il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale ha sviluppato una precisa metodologia che i datori di lavoro devono utilizzare per adempiere ai dettati del d.lgs. 81/2008. L’approccio al delicato tema risulta sostenibile ed integrato in quanto coinvolge, in fasi distinte ma organiche, le figure addette alla prevenzione e gli stessi lavoratori. Il metodo è stato rodato e migliorato ed il manuale edizione 2017 contiene dati interessanti, frutto di ricerche sul campo e novità metodologiche tese a meglio applicare le tecniche di rilevazione dello stress.
In particolare, tra le novità, si segnalano il miglioramento del sistema di calcolo della Lista di controllo utile alla valutazione preliminare del rischio, una più precisa pianificazione degli interventi per una corretta “gestione” del rischio stesso e la predisposizione di nuove risorse documentali (formulari e questionari) a supporto delle indagini e dell’approfondimento dei fattori di rischio.
È comunque necessario precisare che lo stress lavoro-correlato è altro dalla “pressione” che il datore del lavoro può effettuare sui collaboratori e che spesso è motivante e positiva. Diversamente, è quando il peso di tale pressione diventa eccessivo, incombente, a volte paralizzante, che si ingenera una forma di stress che può avere degli effetti pesanti, a volte devastanti, sulla salute psicofisica dei lavoratori.
Anche sull’azienda tale patologia produce effetti alquanto negativi in termini di affezione e di impegno dei lavoratori, di produttività, di incidenti causati dall’errore umano dovuto a disattenzione e a mancanza di concentrazione, turnover del personale rispetto alle mansioni assegnate, abbandono precoce, tassi di assenze, soddisfazione per il lavoro e, non ultimo, per eventuali implicazioni legali.
Le sanzioni comminate al datore di lavoro o al dirigente nel caso di mancata valutazione dello stress lavoro-correlato sono gravose:
- per omessa redazione del DVR, violazione dell’art.29 c.1, l’arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2500 euro a 6400 euro;
- per incompleta redazione del DVR con omessa indicazione delle misure ritenute opportune al fine di garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza è prevista un’ammenda da 2000 a 4000 euro.
È peraltro interessante vedere come la Comunità europea sia costantemente occupata ad aggiornare la problematica; attualmente è alta l’attenzione rivolta ai rischi emergenti quali i danni a livello psicosociale, la violenza e le molestie e a fornire strumenti utili per la valutazione e l’adozione di adeguate misure preventive e/ correttive e terapeutiche, si veda al proposito l’Esener Enteprise Survey / EU-OSHA.
[1] Cfr. art. 3 dell’Accordo europeo dell´8 ottobre 2004 ACCORDO EUROPEO SULLO STRESS SUL LAVORO (8/10/2004) (Accordo siglato da CES – sindacato Europeo; UNICE-“Confindustria europea”; UEAPME – associazione europea artigianato e PMI; CEEP – associazione europea delle imprese partecipate dal pubblico e di interesse economico generale).