Il lavoro notturno: un sintetico quadro normativo

Attualmente sono numerose le aziende che per la tipologia dei prodotti o dei servizi forniti hanno necessità di usufruire del lavoro notturno (ad es. per non interrompere il ciclo produttivo) ma è bene sapere che detta tipologia di lavoro è sottoposta a regole stringenti in quanto la scienza è concorde nel sostenere che lavorare di notte può provocare una alterazione del bioritmo fisiologico della persona.

Il lavoro notturno è disciplinato dal d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66 e dalla contrattazione collettiva cui la legge fa rinvio. Il decreto definisce “periodo notturno” quel “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino” (art. 2), quindi, ad esempio, è lavoro notturno quello svolto tra le 24 e le 7, tra le 23 e le 6, oppure tra le 22 e le 5.

Peraltro, in difetto di disciplina collettiva, è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno 3 ore di lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno, il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.

L’orario di lavoro notturno, in generale, non può superare le 8 ore in media nell’arco delle 24 ore, calcolate dal momento di inizio dell’esecuzione della prestazione lavorativa; la contrattazione collettiva ha la facoltà di individuare “un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite”.

Sono numerose le aziende che per la tipologia dei prodotti o dei servizi forniti – si pensi alle aziende sanitarie o alle aziende che non possono interrompere il ciclo produttivo – hanno necessità di usufruire di tale tipologia di lavoro e dunque il datore di lavoro deve osservare specifiche prescrizioni a tutela del lavoratore oltre alla maggiorazione a valere sulle spettanze retributive.

Anzitutto, chi vuole inserire il lavoro notturno nella propria azienda deve consultare le rappresentanze sindacali aziendali: tale consultazione deve svolgersi e concludersi entro 7 giorni e comunque la legge indica alcuni divieti per la sua applicazione:

  • donna in gravidanza e fino al compimento del primo anno del bambino, è divieto dalle 24,00 alle 6,00.

Inoltre non sono obbligati a prestare il lavoro notturno:

  • la lavoratrice madre di un figlio sotto i 3 anni o, in alternativa, padre convivente;
  • l’unico genitore affidatario di figlio convivente sotto i 12 anni;
  • la lavoratrice o il lavoratore con a carico un disabile ai sensi della legge 104/1992 e successive modificazioni.

E’ affidata alla contrattazione collettiva l’eventuale definizione delle riduzioni dell’orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni.

Inoltre, è opportuno ricordare che la normativa sul lavoro notturno può essere “derogata mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali nazionali comparativamente più’ rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione” (art. 17 del d.lgs. n. 66/2003) nonché in riferimento ad alcune tipologie di attività.

Esiste anche una serie di tutele che vanno considerate al momento dell’applicazione del lavoro notturno; il datore di lavoro deve sottoporre a controlli medici preventivi e periodici – la cosiddetta sorveglianza sanitaria – i lavoratori notturni per verificare l’assenza di controindicazioni allo svolgimento dell’attività. Al proposito, costui deve garantire, previa informazione alle rappresentanze sindacali, un livello di servizi e di mezzi di prevenzione adeguato ed equivalente a quello previsto per il lavoro diurno e deve inoltre disporre, per i lavoratori soggetti a rischi particolari,  appropriate misure di protezione personale e collettiva.

Infine esiste la possibilità di adire al trasferimento del lavoratore, per accertate condizioni di salute da parte del medico competente, al lavoro diurno con mansioni equivalenti, se esistenti in azienda e disponibili.