Il valore pedagogico degli errori

Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli:
per esempio, la torre di Pisa.
Gianni Rodari, pedagogista e scrittore

 

ADDENDA ALLE PARTI PRIMA E SETTIMA 

 

La paura di sbagliare è fonte di malessere. Lo sa bene lo studente, magari dopo aver fallito nel superamento di un esame con la prospettiva di doverlo ripetere e di sbagliare nuovamente. Ci sono studenti che per la paura del fallimento hanno abbandonato l’Università, anche in prossimità della laurea.

La paura di sbagliare porta a nervosismo, angoscia, spesso a vere e proprie fobie, porta all’immobilità bloccando il naturale desiderio di evolvere e raggiungere obiettivi di crescita sempre nuovi.

A volte, nei casi più gravi, si evidenzia un “meccanismo di ipergeneralizzazione” nel caso in cui l’errore crea un effetto totalizzante perché non rimane circoscritto alla situazione che lo ha determinato ma si estende a tutta la vita, intellettuale e fisica. L’effetto paralizzante arriva a minare le basi dell’individualità portando a volte ad una vera e propria depressione. In tale atteggiamento giocano un ruolo importante i fattori ambientali ed educativi perché colpisce soprattutto chi soffre di scarsa autostima.

È necessario acquisire un approccio razionale e disincantato nei confronti del fallimento, dal quale nessuno è dispensato. Non si deve cadere nella trappola di personalizzare un errore, che è un fatto oggettivo, isolato, determinato da uno specifico evento.

È difficile crederci, ma gli incidenti di percorso sono indispensabili   per migliorare e cercare di evitarli a tutti i costi può essere inutile, addirittura dannoso per la nostra crescita.

La prima cosa da accettare è che ogni volta in cui evolviamo attraverso una nuova decisione, ciò implica l’accettazione della possibilità di sbagliare. Se ognuno di noi, e ancor più lo studente, frena il suo percorso per la paura di sbagliare, tende a procrastinare, a rinviare, a convincersi che non decidere sia meglio che sbagliare, che tanto si sbaglierà sicuramente-

Questa è un’idea falsa, molto pericolosa, che bisogna demolire senza esitazione.

Fédéric Fanget, psichiatra e psicoterapeuta, docente all’Università di Lione 1, indica quattro varianti della paura e degli atteggiamenti che possono bloccare i comportamenti e gli apprendimenti:

  1. l’ipergeneralizzante: l’errore è vissuto come dramma e porta a una visione negativa di se stesso….”non valgo nulla”. Questo atteggiamento deriva da precedenti piccoli e grandi fallimenti, e dalla mancanza di autostima. Il risultato è la paura angosciante di commettere anche il minimo errore;
  2. l’indeciso: difficoltà a scegliere, anche le cose più banali: Si tergiversa, si finisce per non decidere mai perdendo occasioni, opportunità, a non fare progetti e così si rimane perennemente ai margini della propria vita;
  3. il procrastinatore: ci sono sempre scuse pronte per rinviare un lavoro, lo studio, una attività e questo nasconde anche se velatamente, la paura di sbagliare, di sfuggire a tutti i costi alla delusione dell’errore;
  4. il perfezionista: per lui tutto ciò che non raggiunge il massimo risultato possibile viene vissuto come un fallimento. La causa di tale atteggiamento risiede nella stima di sé condizionata alla performance, non al proprio valore in quanto individuo con mente, sentimenti, attitudini, creatività[1]. Spesso, ce lo dice la scienza dell’educazione, la visione del sé deriva dalle esperienze infantili. Anche in questo caso le conseguenze non aiutano ad evolversi: l’ansia produce risultati mediocri per mancanza di coraggio nell’affrontare le sfide.

Ne risulta che sbagliare è sinonimo di agire, ma è molto difficile smontare un convincimento tanto radicato.

Per lo studente universitario particolarmente in crisi è a disposizione un servizio psicologico apposito, attivo presso ogni Ateneo, che aiuta attraverso tecniche e percorsi individualizzati, ad accettarsi con tutte le sfaccettature della propria personalità e prendere coscienza del valore dell’errore come fattore educativo, di crescita e di accettazione delle sfide che lo studio e la vita in senso lato presenta ad ognuno di noi.

I famosissimi studi di Thorndike e di Skinner nello studio del comportamento umano, certificano che la base dell’apprendimento è l’esplorazione, tramite il rinforzo delle soluzioni utili e l’abbandono graduale degli errori commessi, che vanno esaminati e compresi.

 

Certo, gli errori fanno male, ma molte storie di uomini di successo – dello sport, dell’economia, della scienza – passano attraverso i fallimenti e l’anedottica può essere illuminante.

[1] Ampiamente, F. Fanget, Gli errori che aiutano a crescere, in Mind, 2018, n. 157, pag. 24 e ss.