L’USO IMPROPRIO DEI LIKE
La sistematica raccolta dei dati personali, spesso sensibili, che illegittimamente o con superficiali richieste di autorizzazione viene effettuata attraverso i banner o la visita di siti o ancor di più attraverso le tracce digitali che vengono lasciate dai navigatori in internet, non viene utilizzata solo a fini pubblicitari o di promozione di prodotti, c’è dell’altro e può essere molto grave e pericoloso.
Le ricerche che si moltiplicano per identificare i profili degli utenti attraverso i loro like dimostrano in modo scientifico che un buon analista informatico riesce a identificare le caratteristiche del visitatore di siti dopo solo 68 “mi piace”: genere, età, dipendenze, orientamento sessuale e religioso, opinioni politiche, comportamenti abituali, riflessioni su temi di attualità non hanno più segreti.
Sfruttando i BigData l’analista viene a conoscere l’utente meglio e di più di un amico o di un familiare.
Ciò vale in particolare per Facebook e per Instagram che raccolgono nel mondo miliardi di utenti che in essi postano immagini, video, pensieri, commenti divenendo enormi aggregatori di informazioni singole e del gruppo di “amici”. Questi social possono raccontare con facilità chi siamo e cosa pensiamo e cosa desideriamo.
Una potenzialità esplosiva, che fa gola anzitutto alla politica, ambito strettamente collegato al potere ideologico ed economico. Sfruttando i dati si possono moltiplicare i followers e interagire direttamente ed in tempo reale con gli utenti.
Un’importante ricerca condotta dall’Università Ca’ Foscari di Venezia ha delineato il profilo comportamentale di coloro che utilizzano i social network e alcuni dei politici attualmente più accreditati sanno perfettamente come sfruttare tali atteggiamenti per aumentare la loro popolarità e con essa la platea degli elettori.
La strategia si basa sul fatto che vincono sempre gli argomenti polarizzati, quelli che dividono in modo quasi manicheo le opinioni. Le persone infatti, una volta adottata un’opinione tendono a non cambiarla, neanche davanti all’evidenza ed anzi il gruppo che si riconosce attorno ad un’opinione radicalizzata fa da cassa di risonanza aggregando sempre nuovi amici in questa sorta di “stanza digitale”.
E’ ormai d’uso, in politica e nel campo dei consumi, acquistare dati sulla base del target e dell’utilizzo che se ne vuol fare ed è facile comporre raggruppamenti mirati di dati relativi a potenziali elettori che si vogliono raggiungere ed attrarre.
Facebook assicura che non metterà mai in vendita l’identità degli iscritti al suo social network, ma la situazione sta sfuggendo di mano e ogni tanto la potente azienda multinazionale è costretta a scusarsi coi Governi dei vari Paesi per le sempre più frequenti défaillance del sistema.
Come osservato da autorevoli commentatori, la manipolazione dei dati è un fenomeno gravissimo perché può minare il nostro regime democratico, bene preziosissimo sul quale è basato il nostro sistema di regole elettorali, che assegna alla volontà del popolo la scelta dei propri rappresentanti e dunque le fondamentali scelte di gestione della vita pubblica.
Ma come devono essere gestiti legittimamente i dati personali da parte degli Enti, aziende, soggetti vari che ne entrano in possesso?
La delicatezza e la responsabilità per le aziende e per gli enti istituzionali in merito alla protezione dei dati impongono di ottemperare una serie di adempimenti normati da leggi nazionali ed europee, ancor di più stante l’emanazione del Regolamento Europeo 2016/697sulla protezione dei dati (GDPR).
A tal fine si rimanda ai contributi consultabili in questo sito sullo specifico tema delle normative sulla privacy.