Il potere (inutilizzato) della lettura

LetturaLe statistiche recenti sono piuttosto sconfortanti, o meglio, disastrose.

Nel 2016 sono circa 33 milioni gli italiani con più di 6 anni che non hanno letto nemmeno un libro di carta in un anno, cioè il 57,6% della popolazione, la stessa quota che era stata toccata nel 2000.

Il 9,1% delle famiglie, rilevano ancora i dati ISTAT pubblicati ad aprile scorso, non ha alcun libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100.

La situazione non è confortante neanche tra bambini e ragazzi.

Tra i bambini, l’aumento dei non lettori di libri è stato più forte tra i 6-10 anni (+9,3%), tra gli 11-14 anni (+13,9%.) e tra i 15-17 anni (+ 11,7).

Spesso non leggono coloro che hanno un basso livello di istruzione: sono non lettori il 77,1% tra quelli che possiedono al massimo la licenza media, mentre tra i laureati la percentuale scende al 25%.

Di fronte a questi dati verrebbe da chiedersi: perché gli Italiani dovrebbero invertire la tendenza e iniziare (o incrementare) la lettura?

Si potrebbe rispondere con una verità tanto profonda quanto banale: leggere è un piacere senza eguali.

Ma, evidentemente, ciò non è sufficiente o non è vero per tutti.

Così, si potrebbe argomentare che la scienza ha ormai dimostrato che leggere ha un potere altamente benefico per la mente perché aumenta le connessioni neuronali del cervello, riduce lo stress (immergersi nella lettura consente di raggiungere un effetto di  estraniazione rispetto ai problemi quotidiani), implementa il bagaglio delle conoscenze di ciascuno, aumenta la capacità di concentrazione e di attenzione e incrementa le capacità di memoria (è necessario ricordare il plot ed i vari personaggi sulla scena di un romanzo, ad esempio).

Già alcuni anni fa uno studio della Emory University di Atlanta poneva in risalto l’importanza della lettura per le facoltà neuronali. I neuroscienziati reclutarono ventun studenti universitari che sono stati invitati a leggere un romanzo thriller di Robert Harris dal titolo “Pompei”, ambientato nel 79 d.C.

Dopo aver iniziato la lettura del romanzo, i partecipanti sono stati sottoposti a scansioni fMRI (la risonanza magnetica funzionale per immagini). e sono stati tenuti in osservazione per diciannove giorni.

Durante i primi 5 giorni è stata eseguita la risonanza magnetica funzionale sui cervelli degli studenti mentre questi erano in uno stato di riposo.

Nel corso di altri nove giorni, gli studenti hanno letto specifiche parti del romanzo finché non sono giunti alla fine (sottoponendoli a test e quiz sul contenuto del libro). Alla fine sono stati tutti sottoposti ad una ulteriore risonanza durante una fase di riposo in cui non avevano più letto il romanzo da cinque giorni.

Gli scienziati hanno concluso che la lettura accresce la connettività, specialmente in particolari aree del cervello quali il solco centrale e la corteccia temporale sinistra, aumentando la ricettività del linguaggio e la rappresentazione sensoriale del corpo. È peraltro significativo che i medici abbiano rilevato che gli effetti positivi della lettura in tali regioni dell’encefalo siano duraturi (lo studio del 2013 è stato pubblicato su Brain Connectivity e ripreso da varie fonti anche italiane).

Quindi, alla luce anche di tali evidenze scientifiche che dimostrano il potere benefico delle capacità cognitive derivanti dalla lettura, si auspica proprio che i lettori “forti”, cioè che hanno letto almeno un libro al mese, che nel 2016 erano solo il 5,7%, possano aumentare.