Le variabili in gioco quando prendiamo le decisioni

Alcuni di noi sanno prendere velocemente le decisioni, altri sono meno pronti, altri ancora maturano forme patologiche rispetto alle possibili alternative e non riescono a scegliere; inoltre le stesse persone prendono decisioni diverse anche in condizioni identiche.

Come si spiegano questi fenomeni?

Le neuroscienze hanno indagato in profondità e a lungo giungendo alla conclusione che il cervello, a sostegno di una determinata decisione, raccoglie e valuta argomentazioni che la comprovino. Molte di queste sono costituite da percezioni sensoriali che il cervello riesce a captare e la somma continua di percezioni sensoriali variabili corrisponde ad una raccolta di prove a sostegno di una determinata decisione, allo stesso modo in cui un giudice valuta ogni singola prova pro o contro l’imputato e fonda poi il suo giudizio sulla totalità delle prove.

cervello

RUOLO DEL CERVELLO NELLE DECISIONI

Le attività cerebrali misurabili riflettono molto bene gli eventi postulati dai modelli di accumulatori di sensazioni: le oscillazioni neuronali codificano le prove rilevanti per le decisioni.

Tuttavia non si spiega perchè certe volte decidiamo in un modo ed altre in un modo diverso o opposto; per capirlo bisogna andare più in profondità nel cervello, in una parte considerata evoluzionisticamente anteriore: il tronco encefalico.

Durante il processo decisionale il cervello, cioè, si servirebbe di un grande circuito di retroazione. Se ci troviamo di fronte ad una scelta, alcune aree del lobo frontale determinano una rapida secrezione di noradrenalina e probabilmente di altri neuromodulatori i quali modificano nella corteccia cerebrale lo stato di attivazione interno delle regioni che calcolano la decisione.

Per quanto affascinante, però, tale teoria si rivela molto complessa da indagare e da certificare con le tecnologie di diagnostica: pur tuttavia già negli anni scorsi si venivano a raccogliere conoscenze che confermavano il ruolo del tronco encefalico nel processo decisionale.
Gli studenti di medicina e di psicologia avevano imparato che una persona rilassata ha le pupille piccole, che invece si dilatano quando si è spaventati. La pupilla si apre quasi come una finestra sul cervello e permette coì di osservare indirettamente l’interazione fra tronco encefalico e cervello.

Malgrado si debbano moltiplicare ed approfondire gli studi in tale campo, già da ora è comunque chiaro che per capire sino in fondo la dinamica dei processi decisionali è necessario capire il cervello come sistema dinamico.

Sappiamo al momento che il tronco encefalico modifica lo stato del cervello ancora durante il processo decisionale, influenzando così il risultato della decisione.

Forse gli esseri umani che tendono in generale a un NO, hanno bisogno di una maggiore secrezione di neuromodulatori per rispondere SI, per contrastare la loro innata tendenza.

Nei malati di Alzheimer, nelle persone affette del morbo di Parkinson o nella depressione che comportano frequenti e drastici cambiamenti, i disturbi si concentrano nel tronco encefalico, quali a sostenere la tesi esposta.

Ma per capire come i “messaggeri” del tronco encefalico siano in grado di cambiare il pensiero e il comportamento delle persone, occorre ancora un grande lavoro di ricerca e di simulazioni a computer.

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