I campioni dello sport, se osservati nelle loro tecniche per aumentare le prestazioni in un unicum organico e costruttivo di mente e corpo, insegnano molto anche nel campo delle altre discipline ma possono offrire indicazioni preziose anche nel campo lavorativo, in specie nella gestione aziendale.
Una osservazione attenta e prolungata delle prestazioni sportive evidenzia il valore dell’obiettivo da raggiungere che però non deve essere perseguito in modo ossessivo e unilaterale perché un netto miglioramento dei risultati avviene quando il campione passa da uno stretto controllo del proprio corpo a forme più rilassate e ad un automatismo dei movimenti.
Si è cercato di spiegare questo fenomeno, comune a tutti gli sport, indagando il rapporto fra corpo e mente; i fisiologi dello sport hanno dimostrato che, una volta che l’atleta ha raggiunto il massimo delle sue prestazioni attraverso il controllo della sequenza delle attività muscolari – postura, successione dei movimenti, potenza – deve imparare a liberarsi da questo monitoraggio ripetuto ossessivamente per trasferire l’attenzione dal controllo interno al focus esterno, meno coinvolgente, più distaccato e libero.
È come se un runner corresse focalizzandosi sulle sue prestazioni nella velocità estraendosi dal contesto, prestando attenzione alla falcata, al respiro, all’intensità del ritmo (focus interno) ma, riuscendo ad un certo punto a deconcentrarsi per beneficiare dell’immersione nella natura ascoltando musica rilassante, potesse spostare il focus all’esterno chiedendo alla mente quel quid in più che il corpo da solo non può
produrre.
E’ molto interessante la ricerca sui sollevatori di pesi riportata dal docente di psicologia alla Sapienza di Roma, prof Alberto Oliverio (Focus n. 179/2019 ), grande esperto dei rapporti fra cervello e comportamento, tema sul quale ha scritto numerosi saggi tradotti in più lingue.
Lo studio effettuato su centinaia di casi nello sport del sollevamento pesi ha dimostrato che l’utilizzo della strategia dello spostamento dell’attenzione dal focus interno al focus esterno può migliorare le prestazioni tra il 10 e il 15%.
Parimenti il tennis, ove i risultati migliorano quando si passa ad un minor controllo e all’automatismo dei movimenti e delle tecniche.
Forse è per questo che ormai nelle discipline esercitate ai livelli alti gli atleti vengono affiancati da psicologi o da mental coach che li aiutano a superare gli inevitabili momenti di crisi e ad allenare la mente.
Trasferite queste osservazioni sul piano della formazione in ambito aziendale, si può certamente affermare che l’eccessivo controllo preclude una ulteriore evoluzione in termini di innovazione, che maturano solo quando le competenze lasciano spazio alla flessibilità nel rapporto corpo, mente.
Il consulente della formazione o il manager che conduce l’azienda deve sviluppare al massimo le competenze del personale usando le tecniche più efficaci senza tralasciare, però, di stimolare la creatività e l’iniziativa individuali proprio per fare quel salto di qualità sopra descritto.
Le tipologie di pratiche più efficaci funzionano infatti sfruttando l’adattabilità del corpo e del cervello umano che consente di creare passo dopo passo competenze sempre più complesse e raffinate.
Bisogna uscire dalla routine, perchè anche il medico, l’insegnante, il ricercatore……….dopo vent’anni saranno un po’ meno bravi di coloro che fanno pratica da soli cinque anni perché le abilità automatiche tendono a deteriorarsi gradualmente in assenza di sforzi intenzionali a migliorare.
Il feedback positivo risulta uno dei fattori cruciali per mantenere la motivazione; può essere interno, come la soddisfazione che si sta migliorando, o esterno, cioè elargito da altri con riconoscimenti ma in ogni caso questo elemento è fondamentale per uscire in modo mirato dalla propria zona di confort e tenere alta la motivazione.
Esistono tecniche intenzionali che, se ben applicate, aiutano in modo determinante a migliorare le prestazioni utilizzando l’enorme plasticità della mente. Così come gli sportivi di lato livello si avvalgono della figura del menta coach, anche nell’ambito dell’apprendimento vi sono docenti ed esperti preparati a spingere gli allievi ad un costante miglioramento delle loro prestazioni intellettuali.
La pratica intenzionale, si differenzia sostanzialmente dalla pratica in cui abitualmente una persona si sforza di migliorarsi in quanto essa è mirata ed informata poiché è plasmata dai risultati ottenuti dagli esecutori migliori e dalla consapevolezza delle azioni intraprese da quegli esecutori per eccellere.
Molto interessante, al proposito, la pratica intenzionale di Anders Ericsson e Robert Pool (Pratica descritta in modo mirabile nel volume Numero 1 si diventa di Anders Ericsson e Robert Pool, Sperling &Kupfer, 2016), che affermano che per adottare la pratica intenzionale bisogna sapere dove si si sta andando e come arrivarci.
Le principali caratteristiche di tale pratica intenzionale possono così essere riassunte:
- essa conduce all’acquisizione di abilità che altri hanno capito come acquisire e pertanto esistono
tecniche di apprendimento di comprovata efficacia; - la pratica intenzionale richiede un impegno continuo per poter svolgere sempre più elevate attività e per tale motivo va guidata da un esperto;
- essa comporta obiettivi specifici e chiari che vanno perseguiti in sequenza e a piccoli passi; una volta definito l’obiettivo generale, questo va scorporato in attività capaci di produrre piccoli ma costanti cambiamenti che sommandosi migliorano le prestazioni avvalendosi della pratica;
- è fondamentale la partecipazione attiva e convinta del discente proprio perché la pratica è “intenzionale” e non è sufficiente seguire in modo pedissequo le indicazioni del docente;
- un’operazione irrinunciabile nell’applicazione della pratica intenzionale è la ricezione di un feedback che tracci progressi e criticità sulle quali lavorare;
- altrettanto importante è la capacità di produrre rappresentazioni mentali efficaci: kqueste ad ogni miglioramento si fanno più dettagliate e produttive e permettono di valutare la qualità del lavoro svolto;
- In tale tipo di pratica si parte dalle competenze già possedute che vanno migliorate e perfezionate prima di innestare nuove competenze e contemporaneamente si raffinano le rappresentazioni mentali creando un circuito virtuoso fra corpo e mente.
Quando però la mente o il fisico paiono non rispondere più perché si trovano di fronte ad un blocco, serve una particolare strategia: bisogna sfidare il cervello o il corpo in modo nuovo, cambiando ad esempio il tipo di esercizi per scoprire il punto di rottura sul quale lavorare o alzare la motivazione, per aumentare la convinzione di poter avere successo.
Uno dei modi migliori è attorniarci di persone che ci incoraggiano e ci sostengono perché la squadra offre supporti che la pratica intenzionale esperita in solitaria non riesce ad offrire.
Ecco perché acquisiscono il massimo valore la formazione di gruppo o singola ma che sappia stimolare dinamiche nuove e coinvolgenti.
Emerge infine, da queste riflessioni, la validità della tecnica di apprendimento basata sulle mappe mentali, alle quali si riporta nei precedenti articoli pubblicati da questo sito.
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