A tutti capita di rinviare compiti, attività o impegni e comunque sentirsene in colpa subito dopo.
A volte tale comportamento non crea problematiche particolari, anzi è addirittura opportuno ma spesso, purtroppo è indice di una tendenza più o meno cronica a procastinare e finisce per diventare un vero problema.
Si stima che circa il 20% delle persone possegga tale abitudine e dunque il fenomeno merita un’analisi -anche se sommaria – dei fattori principali che ne sono causa.
Cause Procrastinazione
Dato che le motivazioni possono essere molteplici (periodo di stress, insuccessi che demotivano, impulsività, caratteristiche genetiche…), è necessario che la persona che ne è affetta riesca ad individuare la vera causa della tendenza ripetuta a procrastinare e cercare gli aiuti adatti per affrontare la tendenza.
A volte il comportamento si identifica con “una forma diffusa e nociva di fallimento del comportamento legato all’autocontrollo”; così afferma lo psicologo canadese Piers Steel che ha condotto una lunga ricerca sul tema affermando, a sua conclusione, che tale atteggiamento non è stato ancora del tutto compreso.
Non tutte le situazioni, naturalmente, hanno un risvolto patologico. Molti studenti, ad esempio, rimandano quasi costantemente le scadenze dello studio, anche in prossimità di importanti interrogazioni o prove scritte. È un problema di indolenza, di superficialità che a volte si paga a caro prezzo.
La procastinazione può interessare tutti gli ambiti della vita: dalla salute, al lavoro alle relazioni sociali. Si possono rimandare esami medici, un trasloco, pagamenti di utenze, telefonate o visite ad amici o parenti, addirittura il concludere una storia d’’amore senza più sentimento.
Tentiamo di definire il profilo del procrastinatore, la qual cosa ci risulterà utile quando, in ambito lavorativo, dovremo impegnarci a studiare percorsi di correzione di tale cattiva gestione del tempo che provoca ritardi, disfunzioni e danni economici per l’impresa che ne è colpita.
Esistono una procastinazione comportamentale, in cui si posticipa un’attività o un compito, e quella decisionale: la prima si verifica perlopiù in ambito accademico, lavorativo o in ambienti ove comunque l’attività viene percepita come noiosa o faticosa, la seconda è quella per cui rinviamo le scelte, anche quelle molto rilevanti per la nostra vita. In quest’ultimo caso la paura del rischio provoca alti livelli di ansia, denota la volontà di tenere sempre tutto sotto controllo ed anche una spiccata difficoltà nelle relazioni interpersonali.
Le analisi cliniche su quest’ultimo disturbo che è di carattere ossessivo-compulsivo indicano il rischio che vengano minati l’autostima e il benessere psicologico.
Va notato che il lungo periodo caratterizzato dall’ancor attuale pandemia, risultato assai stressante per la quasi totalità delle persone, ha acuito l’atteggiamento di procastinazione che può essere interpretato come meccanismo disfunzionale usato inconsciamente come strumento protettivo.
Dal punto di vista dell’efficienza lavorativa, giocano un ruolo molto invasivo le distrazioni e le tentazioni che ci fanno facilmente distogliere dall’obiettivo. Ne abbiamo vari esempi nella nostra quotidianità, dal fuoripasto al continuo controllo delle notifiche del nostro cellulare, dal richiamo del divano per una breve sosta in pieno relax , al desiderio impellente di socializzare utilizzando le app, tutti elementi facilitati dall’estensione dello smart working negli ultimi due anni di semi clausura.
Ma la facilità con la quale scivoliamo nelle distrazioni dipende anche da come funziona il nostro cervello, da cause organiche/funzionali. In presenza di stimoli esterni attraenti si attiva infatti il sistema limbico, quell’insieme cioè di strutture e sistemi neuronali sensibili agli impulsi e che richiedono una soddisfazione immediata e dunque, per fermare tali tensioni irrefrenabili deve intervenire la corteccia prefrontale, la zona del cervello che controlla gli impulsi e richiama al dovere.
A volte tale meccanismo funziona, altre volte si cede alla tentazione ed è per questo che è meglio prevenire, a non esporsi a situazioni che ci inducano alla distrazione, anche perché alcune ricerche evidenziano come il continuo rimandare si può cronicizzare creando una sorta di vera e propria dipendenza, anche questa spiegabile con i meccanismi che si scatenano nel cervello umano. La soddisfazione immediata dell’impulso (interrompere il lavoro per controllare le news in internet, ad esempio) comporta una gratificazione, che è legata all’attivazione del sistema cerebrale della ricompensa e quindi difficile da superare o da eliminare.
Inoltre pare che le persone ansiose siano meno capaci di controllare la paura e quindi tendano a procrastinare per non affrontare le prove che il lavoro o la vita ci pongono lungo la strada.
Le strategie utili per imparare a non procrastinare.
- Il primo passo per imparare a non rinviare compiti o situazioni che mettono ansia è volerlo. Elisabetta Sagone, ricercatrice in psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Catania ha affrontato in maniera approfondita l’argomento nel suo libro Carpe diem. Procrastinazione e correlati psicologici nel ciclo di vita (Franco Angeli editore 2020) ove, oltre all’analisi delle motivazioni psicologiche del fenomeno, indica alcune strategie per uscirne.
- Dividere in piccoli sotto-obbietti. “Se il compito è particolarmente gravoso, come un esame o un lavoro complicato, è bene non guardarlo nel suo insieme, come se fosse una vetta da scalare in un solo colpo, ma pensarlo e suddividerlo in tanti sottocompiti, definiti nel tempo e nello spazio. E congratularsi con se stessi a ogni passo compiuto verso la meta.”, osserva l’Autrice. Se si può, un’operazione utile è farsi seguire da un tutor o da una guida (o da una segretaria efficiente) che ci obblighi a rispettare le scadenze.
- Altra regola: iniziare poco alla volta, ad esempio 15 minuti al giorno, ad essere disciplinati, evitando le distrazioni e perseguendo la concentrazione profonda, per incrementare poi, via via, l’impegno giornaliero. Tenere distanti le distrazioni e ogni tanto cercare di concedersi una gratificazione. Non è importante lavorare, ma lavorare profondamente.
- Perdonarsi quando necessario. Alcune ricerche mostrano che procrastinare crea più stress quando il comportamento diventa cronico in quanto è frequente che nel circuito della procrastinazione rientrino anche la colpevolizzazione e un giudizio severo verso se stessi, la qual cosa non è affatto positiva. Perdonarsi per tale comportamento aiuta ad affrontare con più slancio le tappe o gli obiettivi da raggiungere nei tempi dovuti. Tuttavia, la tendenza, gradualmente, deve essere smussata.
- L’importanza dell’ambiente. È sicuramente utile far leva su un ambiente che ci aiuti a raggiungere l’obbiettivo e non a distrarci. Perciò scrivania, sedia e leggio sono fondamentali mentre vanno tenute lontane le distrazioni (ipad o device) e si possano impostare funzioni che non permettono di ricevere alcune notifiche in orario lavorativo, ad esempio. Un altro stratagemma utile è quello di dover inserire sempre la password per intero nelle applicazioni che conducono a distrazione (il tempo perso per compiere l’operazione è un disincentivo).
- L’alleato più importante e l’agenda. In particolare schedulare con attenzione la sera prima gli obbiettivi per il giorno dopo individuando lo slot temporale idoneo per svolgere l’attività (nè troppo ristretto, creerebbero ansia, né troppo ampio, si rischia di perdere tempo). Non lasciare al caso la giornata ma avere chiaro su quali task concentrarsi è fondamentale.
Lettura Consigliata
- Da Domani non Rimando più – Piers Steel
- Pianifica Organizza Agisci
In un solo testo, un libro e un’agenda dedicati alle tecniche di memorizzazione e alla plasticità neuronale, ovvero la capacità della mente di adattarsi in base all’esperienza, ma anche all’efficacia delle mappe mentali e alla progettazione per obiettivi.