Il tema è di grande attualità, dunque, e riguarda tutto e tutti perché la transizione ambientale cambierà non solo il clima ma anche energia, lavori, competenze, geografie e scenari futuri.
Si prospetta una svolta circolare che comprenderà tutti gli aspetti della vita quotidiana perché se il tema AMBIENTE è stato a lungo circoscritto a chi faceva dichiarazioni ideologiche di ecologismo, oggi è diventato convintamente il centro gravitazionale di ogni azione pubblica, imprenditoriale e individuale. Il passaggio da un sistema produttivo intensivo e non sostenibile dal punto di vista delle risorse a un modello che ha della sostenibilità – ambientale, sociale, economica – il proprio punto di forza è la direzione obbligata per il futuro.
Il problema è profondamente educativo: si pensi a titolo esemplificativo all’abbandono nell’ambiente di 800 mila tonnellate all’anno nel mondo di cicche di sigarette e all’uso smodato della plastica che sta soffocando i mari, per capire quanto i comportamenti individuali ricadano in modo drammatico sugli ecosistemi minandone la sopravvivenza.
Nel nostro Paese la transizione ecologica tiene conto delle peculiarità del nostro territorio, bellissimo ma estremamente fragile, e vuole conciliare la difesa dell’ambiente e del patrimonio culturale con le nuove tecnologie legate al digitale e alla spinta propulsiva dell’economia circolare.
Ciò implica anzitutto allestire corposi interventi nel campo della ricerca e della formazione per qualificare e innovare le competenze dei lavoratori per effettuare una “riallocazione qualitativa delle risorse umane ”, ma anche per favorire la parità di genere ed aumentare la quota di presenza femminile nei vari settori lavorativi e negli organismi di rappresentanza sociale e politica
Un obiettivo così ampio e ambizioso risulta possibile solo se si coinvolgono anche coloro che sono fuori del circuito produttivo o che vi sono collocati marginalmente o con lavori precari o a intermittenza: anziani, utenza debole, immigrati, ma serve una grande operazione di diffusione delle conoscenze affinchè cresca la loro consapevolezza di non essere ai margini ma di costituire una importante risorsa fatta di esperienze, di memoria, di competenze da mettere in valore in un sistema virtuoso di rispetto e collaborazione.
Per una autentica eco-sostenibilità
Una autentica eco-sostenibilità può essere coordinata e perseguita solo nel più ampio contesto europeo perché oggi siamo interconnessi e mai come in questo periodo le dimensioni lavorativa, sociale e privata mostrano di essere profondamente intrecciate: si pensi allo smart working, alla scuola a distanza (DAD) ma anche alle comuni problematiche sanitarie, alla limitazione delle libertà e degli spostamenti, alle universali paure del futuro e della morte.
Abbiamo bisogno di una società e di una economia più “benefit”, capace di produrre valore in modo rilevante ma anche più condiviso. Nelle imprese sane e capaci (sia profit che non profit) le varie performance economica, sociale e ambientale nei confronti dei dipendenti, dei clienti e della comunità, non sono mai state in contrasto. Ma dobbiamo imparare e distinguere di più fra imprese di maggiore e minore qualità perché, per costruire un’economia più virtuosa è indispensabile possedere due ingredienti fondamentali: imprenditori e imprese di qualità progetti di impresa anch’essi di qualità per rendere “vincitori” tutti i soggetti coinvolti (adottare la strategia win win per vincere tutti insieme).
Quando il business model è di alta qualità la redditività aziendale tende ad aumentare e spesso può contare su una filantropia d’impresa: agevolazioni fiscali e finanziarie, fondazioni corporate, Ets, bilanci di sostenibilità, obiettivi Agenda 2030.
E’ però necessario costruire un progetto d’impresa di alto spessore, in grado di mettere a sistema tutte le variabili e le opportunità e da questa capacità deriva la scelta della forma giuridica più funzionale ed appropriata; l’esito dell’analisi costi – benefici dipende proprio dal progetto imprenditoriale e sociale di fondo.
L’impresa sostenibile
Se focalizziamo l’attenzione sul nostro Paese, la conoscenza del tema SOSTENIBILITA’ da parte degli Italiani è cresciuta negli ultimi sette anni dal 7% al 37%.
Sono tre i driver che, secondo la preziosa indagine Ipsos, spingono il consumatore verso uno stile di vita sostenibile:
- la propensione a rispettare l’ambiente e le persone, che induce i consumatori a migliorare in senso etico il proprio modo di relazionarsi col mondo;
- la paura dei cambiamenti climatici;
- la percezione di innovazione e alta qualità associata ai beni prodotti in modo sostenibile, che guida verso scelte di acquisto più responsabile.
Tutto questo nuovo flusso di atteggiamenti e di domande da parte dei consumatori va compreso, gestito e indirizzato e l’anello di congiunzione resta la FORMAZIONE che deve predisporre modelli e metodi all’altezza del cambiamento per anticipare le istanze del mercato.
La formazione per una nuova metodologia di approccio
Che tipo di strumenti dobbiamo offrire ai lavoratori? Come possono reinventarsi all’interno di un’azienda che cerca di superare la crisi derivante dalle richieste di un mercato molto cambiato anche causa della pandemia da Covid?
Fondamentalmente bisogna saper costruire e sperimentare strumenti diversi, soprattutto di carattere metodologico. Alla base l’azienda deve allestire per il proprio personale, ai vari livelli di responsabilità, corsi di formazione che li rendano reattivi al cambiamento ma soprattutto curiosi e tesi ad assumere un atteggiamento sperimentale mettendo in gioco la propria intraprendenza ma anche la capacità critica e autovalutativa.
Le rivoluzioni passano sempre attraverso l’uomo, dal capitale umano che sa esprimere competenze e che è chiamato a coordinare o più semplicemente a gestire i processi, anche quelli più complessi e che sa avvalersi del digitale per raggiungere gli obiettivi prefigurati.
Quale ruolo per i sistemi di gestione ambientali?
Sicuramente, stante il quadro sopra delineato, verranno fortemente incentivate le certificazioni ambientali.
Pertanto, è auspicabile che già da ora le aziende e le società iniziano a pianificare concretamente sistemi per ridurre l’impatto ambientale e incentivare il rispetto dell’ecosistema.
Un ruolo di primo piano spetta sicuramente alla certificazione ISO 14001:2015, norma internazionale che persegue proprio gli obbiettivi di una congrua spendita delle risorse e della tutela dell’ambiente.
Clicca e scopri i Nostri Corsi sulla Formazione Strategica
Ha bisogno di una consulenza aziendale strategica? Può compilare il form in basso.